Il problema delle liste di attesa

Il problema delle liste di attesa

L’intero castello delle liste d’attesa è molto fragile e si regge, ormai, su piedi d’argilla. La valanga di arretrati da smaltire alle attese già molto lunghe prima della pandemia ha raddoppiato i tempi.

Due anni per un intervento di ernia del disco. Sedici mesi per una visita psichiatrica.
Quattordici mesi per una mammografia.
Nove mesi per una risonanza magnetica.
Sei mesi per un controllo oncologico.
Se, poi, consideriamo che la componente di diritto privato del Servizio Sanitario Nazionale (tipo la Casa di Cura “Regina Pacis”, per intenderci), che normalmente garantisce il 28% di tutte le prestazioni e di tutti i servizi ospedalieri resi alla popolazione, assorbendo il 14% della spesa ospedaliera pubblica, è ormai vicina al raggiungimento dei limiti imposti dai budget, il problema diventa enorme.

Di fronte ai dati raccolti nel Rapporto Salute del Tribunale dei malati e di Cittadinanza attiva, che a prima vista sembrano inverosimili per la loro gravità, viene da pensare una sola cosa: in Italia il diritto alla salute, sulla carta garantito a tutti i cittadini, è stato cancellato.

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